Illustrazione di Patrick Wiley

– Bambini, ora tu. in silenzio, per favore. Ettore, vieni pure qui davanti.
Il bambino tira fuori dallo zaino il foglio spiegazzato e con lo sguardo basso raggiunge la cattedra, evitando le occhiate di scherno dei due bulletti in prima fila.
È lì dentro da soli tre giorni, non conosce ancora nessuno e, come se non bastasse, come primo compito la maestra gli ha chiesto di preparare un tema dal titolo: “Il lavoro dei miei genitori”.
Un lavoro facile per chiunque, ma non per lui.
Applauso della maestra per richiamare l’attenzione della classe.

– Allora, come tu. voi sapete, Ettore è con noi da pochi giorni. È per questo motivo che vi ho chiesto di preparare un tema sui vostri genitori. Ettore ha ascoltato tutti voi, quindi ora sa chi siete e che lavoro fa il vostro papà e la vostra mamma. Ora è il suo turno, quindi, mani sul banco e orecchie aperte, ok? Ettore, quando vuoi puoi cominciare.

Il bambino ha le mani bagnate dalla tensione, solleva un po’ lo sguardo in cerca di sostegno… la bambina con i riccioli biondi gli sorride, lui ricambia, si sente rinfrancato, almeno finché una pallina di carta non gli finisce dritta in un occhio.

–  Samuele e Roberto! – tuona la maestra contro i due seduti nel primo banco – o la smettete o saltate la ricreazione e l’ora di educazione fisica in cortile, intesi? Chiedete subito scusa al vostro compagno!

–  Scusa… – sibilano i due all’unisono mentre la maestra, con un sorriso, invita Ettore a prendere la parola.

–  Allora, il mio papà e la mia mamma… vanno in bici. Risata generale.

–  No, cioè… vanno in bici per lavoro. E per non inquinare l’aria.

–  Portano le pizze? – chiede Camilla dall’ultimo banco.

–  No, quelli vanno in motorino. E poi sono tu. maschi – replica Giuseppe accanto a lei.

–  Non portano le pizze, ma portano tante altre cose – prosegue Ettore dalla cattedra – consegnano

documenti, casse di frutta, verdura, attrezzi da lavoro. Possono trasportare un po’ di tutto.

–  Anche cose pesanti? – domanda sempre Camilla, che ci tiene a mantenere il suo ruolo di prima

della classe.

–  Certo! Per le cose molto pesanti hanno una bici speciale, si chiama cargo Una volta ci hanno

caricato sopra quattro cassette piene di verdura una sopra l’altra, e io mi sono seduto in cima!

–  Ma anche le cose pesanti, pesanti, pesanti? – rintuzza Camilla, non soddisfatta della risposta.

Ettore chiude il foglio spiegazzato e lo poggia sulla cattedra.
Ci fossero due pistole, rigorosamente ad acqua, e qualche balla di fieno, potrebbe essere a tutti gli effetti la parodia di un duello western.

– Per quelle usano un furgone. Ma sempre elettrico, così non inquinano.
Davanti alla replica pronta di Ettore, Camilla può solo deporre l’ascia di guerra e chiudersi nel silenzio degli sconfitti.

– Comunque, i miei genitori sono dei courier.

– Al telegiornale hanno detto che si chiamano rider.
Vista l’abbandono del campo di Camilla, è Giulio che decide di prendere la parola.

– No. Si chiamano courier, perché non usano solo la bici e perché… per motivi da grandi, ecco. Comunque si chiamano courier, c’è scritto anche sul loro sito.

– Ma anche tua mamma è una courier?
Niente, Giuseppe non riesce a capacitarsi all’idea di un’emancipazione femminile per lui così prepotente.

–  Sì, certo – replica fiero Ettore, ormai padrone della classe – anche mia mamma. Le cose leggere le trasporta senza problemi, altrimenti c’è il furgone…ah…possono usare anche la bici elettrica.

–  Anche la bici elettrica? – chiedono tu. dopo un ooohhh di stupore. Cogliendo il cambio di attenzione dei bambini, la maestra prende la parola.

–  Direi che i genitori di Ettore svolgono un lavoro molto particolare e interessante. Ettore, ti andrebbe di farci qualche altro esempio?

–  Ad esempio, posso chiamarli se voglio spedire il regalo di Natale al mio migliore amico che abita dall’altra parte della città. Oppure, se bisogna spedire un documento importante in un ufficio, o se mancano i gessetti per la lavagna o la carta per la fotocopiatrice. Ma anche cose più importanti, come le medicine ai nonni, per esempio.

La classe entra in uno stato di eccitazione mai visto.

–  Ma che bello!

–  Quindi posso chiamarli per farmi portare il regalo di Natale!

–  Mia nonna dice belin e si arrabbia ogni volta che deve fare le scale della farmacia!

–  Adesso lo dico a mio papà: si arrabbia sempre quando deve consegnare la verdura in centro!

–  Anche a mia mamma. Ogni volta che deve andare in centro per comprare qualcosa si secca che non

trova parcheggio e non mi parla per due ore!

La maestra deve alzarsi in piedi per calmare gli animi.

– Ok, bambini. Ho capito che il lavoro dei genitori di Ettore vi ha incuriosito ma sta per suonare la

campanella della ricreazione. Grazie Ettore per averci raccontato il bellissimo mestiere dei tuoi genitori.

Il drin metallico è lo start per la piccola orda che si riversa in corridoio, merendine alla mano.
Solo i due del primo banco non seguono la massa.
Ettore vede avvicinarsi Samuele e Roberto e indietreggia finchè non urta con le spalle contro la lavagna.

–  Se volete la mia merendina…

–  Volevamo… ecco… insomma, ti va di venire a giocare fuori con noi?