– Ne è arrivato un altro.
Giorgia gira lo schermo a favore di Ivan, che si sporge per leggere il destinatario della consegna.
Ciccio Formaggio.
– Che facciamo?
Ivan si volta verso i suoi, in cerca di collaborazione, Johnny guarda fuori dalla finestra e Francesco sparisce dietro la cargo fingendo di oliare la catena.
– Ho capito, vado io.
– Boss, mi sa che stavolta tocca a te – sentenzia Umberto senza alzare gli occhi dallo schermo del cellulare.
– Non capisco quale sia il problema.
I tre si guardano senza rispondere, ma un sorriso rimbalza da uno all’altro.
Nel tragitto verso la destinazione indicata da Giorgia, Ivan continua a riflettere sullo strano personaggio che da qualche mese richiede consegne con nomi sempre bizzarri.
Sei mesi prima era arrivato il primo ordine a nome Topolino.
Poi era stato il turno di Pigiamino e Ciuffetto.
Adesso… Ciccio Formaggio.
Tutti gli ordini riportavano la stessa nota: consegnare dopo le quindici.
Mentre la bici scorre lungo la Darsena prima di essere inghiottita dalla folla di turisti che anima il Porto Antico, Ivan continua a pensare allo strano soggetto.
Nessuno l’aveva mai visto.
Solo una voce rauca che, al citofono, chiedeva di lasciare il pacchetto davanti alla porta, nient’altro.
Per saperne di più, Giorgia aveva anche provato a telefonare al numero indicato sull’ordine: aveva risposto una voce di uomo che, con tono burbero, le aveva intimato di risolvere la questione, attribuendo ai ragazzi, o a qualche hacker di quarta categoria, l’errore di anagrafica.
In più, ogni volta sosteneva di non aver ordinato niente.
Ma i pacchi, tutti di dimensioni molto ridotte, venivano regolarmente ritirati.
Anche per Ciccio Formaggio le indicazioni sono le stesse, ma stavolta Ivan vuole vederci chiaro.
Svolta su per via San Lorenzo, un saluto al mimo che, ovviamente, non risponde, e arriva in piazza De Ferrari.
Questa volta avrebbe chiesto al misterioso personaggio di scendere per firmare la ricevuta, così questi sarebbe stato costretto a uscire di casa e mostrarsi, nessun pacco davanti alla porta.
Arrivato davanti al civico, Ivan suona all’interno indicato.
– Chi è?
La voce non sembra così rauca come gliel’avevano descritta i ragazzi.
– Buongiorno, Ecobike. Avrei una consegna per…
– Non ho niente da ritirare. Ora mi scusi ma andrei a dormire.
Chi è dall’altra parte del citofono chiude la conversazione.
Ivan guarda il pacchetto. È vero, c’è scritto di consegnare al pomeriggio, però qualcuno in casa c’è. Decide di ritentare.
– Sì?
– Guardi, sono sempre io, Ivan di Ecobike. Ho qui un pacchetto per…
– Ma mi prende in giro? Le ho detto che non ho ordinato niente. Sentiamo, chi avrebbe fatto l’ordine?
Ivan inspira, chiude gli occhi, si butta.
– Ciccio Formaggio. E c’è anche da firmare la consegna.
Un attimo di silenzio dall’altra parte, ma è solo la premessa alla tempesta che sta per scatenarsi. Ivan può sentirla, come quando cambia il vento e dopo poco arriva la pioggia.
– Senti, Ecocoso o come diavolo ti chiami, io stavo dormendo perché tra tre ore dovrei svegliarmi e andare a lavorare. La vogliamo finire con questa pagliacciata?
Ormai la pallina ha preso velocità, e sta per trasformarsi in una valanga diretta contro Ivan e la sua bicicletta. – Senta, anche noi stiamo lavorando. Se scende un attimo a firmarmi la ricevuta le lascio il pacchetto e vado via.
Un sibilo fastidioso indica che qualcuno ha chiuso il ricevitore dall’altra parte senza troppa delicatezza.
La valanga è sempre più vicina.
La porta dell’ascensore si apre, e nello stesso momento Ivan si pente della sua idea. Può quasi sentire la voce di Giorgia che gli risuona tra le orecchie per ricordargli lo spessore di idiozia di cui era ricoperta la sua idea.
– Eccomi qui.
Centonovanta centimetri di altezza, tatuaggi a perdita d’occhio, calvizie incipiente e denti gialli. A completare l’elegante profilo, una canotta bianca con un alone di bava sul colletto e pantaloni di tuta neri il cui elastico in vita sta implorando una fine rapida e indolore.
– Ti sembro Ciccio Formaggio?
Ivan non apre bocca, limitandosi a chinare il capo verso la borsa per estrarre il pacchetto. L’altro glielo strappa di mano per leggere l’etichetta apposta sopra.
Destinatario Ciccio Formaggio, Via di Porta Soprana, 5 Consegnare al pomeriggio, grazie.
– Allora, chiariamoci subito – specifica l’uomo – io non sono Ciccio Formaggio, non ho ordinato niente e, soprattutto, non posso aver chiesto di consegnare al pomeriggio perché faccio le notti al porto, sono un camallo. Quindi, come la mettiamo?- … qualcuno che fa ordini al posto suo? – prova a suggerire Ivan con un tono di voce vicino al silenzio mentre si preoccupa di frapporre la bici tra lui e la montagna umana.
– Impossibile, qui viviamo solo io e…
Un rumore di passi leggeri che scendono veloci arriva dalla tromba delle scale.
– Scusate, scusate…
Ivan e la montagna si voltano verso il bambino che, con voce affannata, si appoggia alla coscia di quello che, dalle fattezze, sembra essere suo padre.
– Marco?
– Scusa papà, il pacchetto è mio. Eccolo, Cicco Formaggio.
– Ma… perché non hai messo il tuo nome?- Ma papà… mi dici sempre che lasciare i dati su internet è pericoloso, che non devo aprire agli estranei… solo che avevo trovato quello che mi serviva a prezzi pazzeschi… e quindi…
Ivan tira un sospiro di sollievo, mentre può sentire lo spostamento d’aria della valanga che gli sfiora un orecchio e va a schiantarsi lontano da lui.
– Ok, quindi tutto a posto, direi? – dice mentre inforca la bici e prende la via. – E la ricevuta? – gli urla di rimando la montagna con il bambino ancora attaccato alla coscia. Ivan alza la mano facendo segno che va bene così e si allontana veloce.